Considerazioni sulla XXXIII edizione del Premio Letterario Nazionale “Giuseppe Malattia della Vallata”

“No podìn abraçâ l’amì, /no podìn strenzi la man / a chel che no cognossìn”. (Non possiamo abbracciare l’amico, / non possiamo stringere la mano / a chi non conosciamo)…// “Er silenzio se l’inghiotte, /’ndo te vorti ‘nce sta ggnente/te potresti pure sgolà, / ma nnisuno t’arisponne”. (Il silenzio se li inghiotte, /ovunque ti volti non trovi niente, /ti potresti anche sgolare, /nessuno ti risponde.)…// “Tuti a casa, /a no’ far gnent./ Tuti éntro co’ le man in man, /dişarmàdi e cèi,/davanti a ‘sto castigo.”(Tutti a casa, /a non far niente./Tutti dentro con le mani nelle mani, /disarmati e piccoli, / di fronte a questo flagello).

Sono alcuni versi (in friulano, in romanesco e in veneto) presi a caso fra quelli che abbiamo letto.

Sì, anche il Coronavirus è entrato nelle tematiche dei partecipanti alla XXXIII edizione del Premio “Giuseppe Malattia della Vallata” di Barcis. E, in effetti, non poteva che essere così, essendo riservato il concorso a “lavori in corso”, ossia a composizioni non ancora premiate, e quindi inevitabilmente condizionate (con versi espliciti come gli esempi sopra riportati - o in maniera più velata) dalle problematiche che in questi ultimi mesi hanno attanagliato non solo la nostra nazione ma addirittura l’intera umanità.

Tuttavia, è importante evidenziare che la cosiddetta “ispirazione”non è sufficiente da sola a consegnarci un buon prodotto letterario. Bisogna che a essa segua poi quel lavoro di “labor limae” in grado di controllare il ritmo del verso, la disposizione delle parole, la musicalità, l’utilizzo del non-detto, dello spazio bianco. Il compianto Pier Luigi Cappello, per alcuni anni membro della giuria del Premio Malattia, si lamentava spesso, leggendo le poesie inviate al concorso, della mancanza dell’artigianalità in molti partecipanti, dell’assenza di un personale laboratorio, fatto di letture su letture, di studio delle tecniche poetiche, della metrica, con il fine di irrobustire la propria scrittura.

In questo senso, la giuria ha selezionato fra oltre 200 autori quelli che, in qualsiasi dialetto o linguaggio delle minoranze parlate in Italia, hanno espresso un’originale cifra stilistica in perfetto equilibrio fra forma e contenuto.

Un caloroso ringraziamento va comunque indirizzato a tutti i poeti concorrenti, nessuno escluso, perché in un periodo di “guerra” hanno creduto, ancora una volta, al valore salvifico della parola.

La Giuria del Premio